CASCINA SAN MARZANO

Il cuore della Lomellina custodisce questa antica cascina di 165 ettari, con i suoi edifici propri della tradizione lombarda e i 135 ettari di terreni agricoli a vocazione risicola.

Il lungo corridoio alberato che introduce alla tenuta è solo un assaggio dei 30 ettari di bosco che la circondano. Un luogo ricco di tesori naturali nascosti che la Fondazione DAREFRUTTO vuole riportare alla sua originaria bellezza, destinandolo a progetti di rilevanza culturale e sociale.

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La Cascina San Marzano è parte del patrimonio rurale della Lomellina; la sua struttura originaria risale al ‘700, come risulta da una carta topografica della seconda metà del XVIII secolo, conservata nell’Archivio Comunale di Pieve del Cairo.

Il suo nome deriva, molto probabilmente, da San Marzano (o San Marciano), vescovo di Tortona, suo patrono. Esempio della tipica unità produttiva e abitativa che per secoli ha dominato la scena sociale ed economica della regione e di Pieve del Cairo, la sua storia è strettamente collegata a questo territorio che era noto, fino agli inizi del XIX secolo, per la sua fervida attività agricola e, soprattutto, per la sua vocazione risicola.

Il riso è il protagonista indiscusso di quest’area, trasformata dalle risaie in una scacchiera dove ogni riquadro è di un verde diverso in base alla varietà di riso coltivato:

spunta chiarissimo per il Baldo
spunta deciso per il Balilla
spunta quasi violaceo per il Vialone Nano

I suoi 135 ettari di terreni agricoli sono percorsi da una fitta rete di corsi d’acqua storici, naturali e artificiali, come la Roggia Molinara e la Roggia dei Prati. Nei 30 ettari di bosco che la circondano, sopravvivono ancora alcuni esemplari di rari ontani in cui è possibile avvistare le gallinelle d’acqua e gli aironi.

Il 2011 sempre ad opera dei soci fondatori, viene costituita la Società Agricola Cascina San Marzano che riprende la coltivazione del riso: diserba, ara, concima, semina, ristruttura, mette in sicurezza, raccoglie, avvia un’attività commerciale e amministrativa che la porta, nella stagione 2012, a coltivare 135 ettari di terra e a produrre 9.000 quintali di riso di diversa qualità come il Vialone Nano, il Balilla e il Selenio.

I suoi 135 ettari di terreni agricoli sono percorsi da una fitta rete di corsi d’acqua storici, naturali e artificiali, come la Roggia Molinara e la Roggia dei Prati. Nei 30 ettari di bosco che la circondano, sopravvivono ancora alcuni esemplari di rari ontani in cui è possibile avvistare le gallinelle d’acqua e gli aironi. Il 2011 sempre ad opera dei soci fondatori, viene costituita la Società Agricola Cascina San Marzano che riprende la coltivazione del riso: diserba, ara, concima, semina, ristruttura, mette in sicurezza, raccoglie, avvia un’attività commerciale e amministrativa che la porta, nella stagione 2012, a coltivare 135 ettari di terra e a produrre 9.000 quintali di riso di diversa qualità come il Vialone Nano, il Balilla e il Selenio.

Oggi la proprietà si estende su 165 ettari, all’interno di un’area di biodiversità di grande rilevanza con zone a protezione speciale. Si trova a sud della strada provinciale che va da Mede a Pieve del Cairo e la si raggiunge percorrendo un suggestivo viale di altissimi pioppi cipressini. Dal 2015 viene costituita la Fondazione DAREFRUTTO, che insieme alla  Società Agricola Cascina San Marzano si affiancheranno nello sviluppo del progetto che vuole riqualificare l’intera struttura per dedicarla a attività culturale e sociale a sfondo ambientale.

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Gli edifici originari che costituivano la Cascina San Marzano sono poco visibile anche se alcune strutture sono rimaste; in alcune vecchie mappe catastali, il complesso risultava articolato e composto da:

spunta la Casa Padronale, con annesso un piccolo giardino o orto, viene ricordata da chi vi aveva vissuto per un bell’affresco raffigurante, probabilmente, la Madonna della Guardia.

spunta le Case dei Salariati, su due piani: al piano terra c’era la cucina con camino, arredata semplicemente con un tavolo, una credenza e poche altre suppellettili, l’acquaio e la scala in muratura che portava alla camera da letto. Qui si trovavano i letti in ferro con i materassi imbottiti con le foglie secche del granturco, l’armadio con la cassapanca, un canterano. Non c’erano bagni interni né acqua corrente, ma pompe per tirar l’acqua a disposizione all’esterno di tutte le abitazioni.

spunta la Stalla principale, con il fienile al piano superiore e un bel portico aggettante, sorretto da pilastri in mattoni, tra i quali si trovavano due abbeveratoi. Sotto il porticato trovavano posto anche carri, carrozze, landò e vicino il magazzino degli attrezzi.

spunta l’Essiccatoio, dove veniva portato il riso direttamente dalla risaia per effettuare l’essicazione.

A questi edifici principali si affiancavano parti più rustiche a disposizione dei salariati come:

spunta la Casa del Bucato, un grazioso angolo sul lato d’ingresso della cascina, dove si poteva fare il bucato, con un focolaio e un bel pergolato a cupola

spunta il porcile per i maiali, il pollaio per polli e galline con un piccolo cortile recintato

spunta una legnaia per conservare la legna

Tutto il complesso ruotava intorno alla Corte, un ampio cortile per lo più quadrangolare, dove si trovava l’accesso a tutti i fabbricati, le pompe dell’acqua, gli abbeveratoi per i cavalli e i bovini. La Fondazione si ripropone di effettuare un recupero conservativo degli edifici per destinarli a nuova vita e metterli quindi a disposizione della comunità locale e alle aree urbane nelle immediate vicinanze. L’intero progetto, una volta approvato, sarà messo sul sito.

La Corte, con i due portoni di ingresso, era il cuore pulsante della Cascina. Qui si affacciavano gli edifici e da qui vi si accedeva.

Qui si incontravano tra loro tutte le figure che la animavano; qui, prendeva vita la complessa organizzazione agricola che caratterizzava questa comunità fatta di uomini e animali.

Qui il tempo era scandito dall’alternarsi del giorno e della notte e dal passare delle stagioni con un susseguirsi naturale di colori, suoni, odori e sapori.

 


Delimitata quasi sempre da mattoni disposti a lisca di pesce, l’aia era l’area dedicata agli animali da cortile che potevano circolare liberamente alla ricerca di cibo: conigli saltellanti che sparivano in ogni angolo; galline razzolanti seguite dai pulcini; oche, tacchini, faraone e polli; i galli dal piumaggio multicolore, re indiscussi dell’aia, con il loro incedere fiero e altezzoso.